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STALKING E VIOLENZA IN FAMIGLIA

Relazione presentata il 28 maggio 2009 al convegno organizzato dal  Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Agrigento in collaborazione con il Centro antiviolenza “Telefono Aiuto”

 Mi sembra doveroso ringraziare l’Avv.Vincenzo Avanzato, responsabile per la formazione dell’Ordine degli Avvocati di Agrigento ed il Consiglio dell’Ordine tutto, per avere accolto, nell’organizzazione di questa giornata di studio, la collaborazione dell’Ass-ne Focus Group Onlus che mi onoro di presiedere e che gestisce il Centro Antiviolenza “Telefono Aiuto”, presente sul territorio agrigentino sin dal 2003, prima come servizio di ascolto rivolto a tutti coloro che vivono, assistono o semplicemente sono a conoscenza di situazioni di maltrattamento e/o violenza domestica offrendo consulenza gratuita psicologica, legale, informazioni sui servizi presenti sul territorio e accesso facilitato ai servizi socio-sanitari, oggi Centro Antiviolenza in grado anche di offrire ospitalità in emergenza in case ad indirizzo segreto per le donne che hanno impellente necessità di allontanarsi da casa a salvaguardia della loro incolumità.

Avv.Sabina Schifano

Nel novembre del 2008, in tempi non sospetti, abbiamo proposto al Consiglio dell’Ordine di realizzare una giornata di studio sul tema dello Stalking e della violenza domestica, quando il fenomeno delle azioni persecutorie nei confronti delle donne, soprattutto ex coniugi o ex partner, era diventato, sì, di cogente attualità in ambito giuridico e politico – si discuteva in ordine a vari progetti di legge già depositati in Parlamento, anche il Governo aveva deciso di intervenire con due Ddl varati lo scorso 18 giugno 2008 che riguardavano misure contro la violenza sessuale e una nuova normativa contro lo stalking -ma non potevamo immaginare che da lì a qualche mese, ci trovassimo a “studiare” la Legge 23 Aprile 2009 n.38, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 Aprile 2009 n.95 che ha convertito praticamente senza variazioni (salvo una, relativa alla circostanza aggravante dell’omicidio), il decreto legge 23 febbraio 2009 n.11 relativamente alle nuove norme in tema di atti persecutori o, come comunemente si dice, di stalking sui cui aspetti sostanziali ci relazionerà l’esimio Avvocato Arnaldo Faro.

Ormai è a tutti noto cosa si intende per stalking. In estrema sinesi, la parola stalking deriva dal lessico venatorio inglese, dove lo stalker è colui che, a caccia di una preda, si apposta e/o lo segue ossessivamente. Nelle relazioni umane, lo stalker non si comporta in modo molto diverso. Può trattarsi, ad esempio di un fan innamorato di una star del cinema o di un ex fidanzato che non riesce a dimenticare la sua ragazza, (per curiosità Vi ricordo che il fenomeno dello Stalking altrimenti detto “sindrome del molestatore assillante” ha cominciato a destare un certo interesse, non solo nell’opinione pubblica, ma anche da parte di alcuni studiosi della psicologia e della sociologia, in seguito a certi eventi accaduti negli anni 80 in cui la molestia assillante venne indirizzata a dei personaggi di spicco, personalità dello spettacolo e dello sport (tra gli altri ricordiamo le tenniste Martina Hingis e Serena Williams inseguite in tutti i tornei internazionali dai propri persecutori, le attrici Theresa Saldana pugnalata dal suo stalker a Los Angeles nel 1982 e Rebecca Shaffer assassinata nella sua metropoli dal suo persecutore nel 1989. Altre vittime sono state Shron stone, Jodie Foster, Nicol Kdman, Steven Spielberg, ed in Italia Irene Pivetti e Catherine Spaak).

Il copione, in tutti questi casi, è spesso il medesimo: il fan, o l’ex fidanzato cominciano a perseguitare quello che per loro è un oggetto ossessivo di desiderio; lo seguono, si insinuano ripetutamente nella sua vita privata con telefonate o altri mezzi (sms, e-mail), fino, talora, a minacciarlo o a violarne il domicilio. A volte, si realizza una vera e propria escalation persecutoria, e lo stalker può diventare violento e pericoloso per la sua vittima. Recenti episodi di cronaca evidenziano che gli esiti dello stalking possono essere drammatici: più di una volta essi sono sfociati nel brutale omicidio della vittima. Ma al di là di queste ipotesi estreme, il solo fatto di essere perseguitato ossessivamente dallo stalker è gravemente lesivo della libertà, della privacy, e della tranquillità della sua vittima, che spesso sviluppa depressioni o altri più o meno gravi disturbi di natura psicologica.

Prima di inoltrarmi sulle nuove forme di tutela preventiva per le donne vittima di violenza e per la famiglia, ritengo necessario inquadrare il precedente quadro normativo, certamente insufficiente.

Ciò posso dirlo all’esito dell’esperienza maturata nell’arco di 6 anni di attività prestata in seno al Centro antiviolenza Telefono Aiuto ove tante volte mi sono trovata in difficoltà per aiutare le donne che si rivolgevano al Centro per cercare di uscire dalla spirale della violenza. Di fronte a certi sottili casi di violenza psicologica o anche economica le stesse Forze dell’Ordine rimandavano a casa la donna che si era presentata per denunciare il marito che con gesti simbolici la faceva stare in una condizione di assoluta ansia e paura per la sua vita ma senza lividi e lesioni evidenti (le faceva trovare una bambola impiccata penzolante al balcone, l’abito da sposa appeso al’antenna sul tetto di casa con una cravatta nera al collo, costringendo la donna a rinchiudersi nel piano di sotto con un cane a sua salvaguardia e un pugnale sotto il cuscino!).

Prima dell’ingresso nel panorama legislativo dell’art.612 bis, per fatti analoghi si poteva contestare il reato di cui all’art.660 c.p. (molestie), previsione molto blanda e, soprattutto, non applicabile alle varie sfaccettature del reato di atti persecutori (si pensi alle molestie attuate tramite la telematica -internet non è luogo pubblico, aperto al pubblico, come richiede il reato di molestie e tanto meno telefono)

In casi più gravi si potevano applicare i delitti di VIOLENZA PRIVATA ex art.610 c.p.c. (l’essere costretti a fare, tollerare od omettere qualche cosa), di MINACCIA ex art.612/2° c.p. (minacce di morte oppure perpetrate con armi, da persona travisata, con scritto anonimo, in maniera simbolica, da più persone riunite o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte), di DANNEGGIAMENTO ex art.635/2° n° 1 e n.3 (caso del danneggiamento perpetrato con violenza alla persona o con minaccia (n.1) oppure su cose esposte alla pubblica fede (n° 3), quale può essere il danneggiamento dell’auto lasciata parcheggiata lungo la pubblica via)

Ora, l’esperienza ci ha insegnato che purtroppo, si verifica una escalation nei comportamenti del persecutore che trasmodano dalle molestie iniziali ad atti più violenti, fino, in certi casi estremi, all’esito letale finale.

Cercando di spezzare l’escalation quando ancora le molestie sono a uno stadio non troppo avanzato, l’art.8 della L.38/2009 prevede una prima forma di tutela:

L‘ISTANZA DI AMMONIMENTO AL QUESTORE

E’ questa a mio parere un’innovazione fondamentale che fornisce agli operatori di polizia uno strumento efficace per incidere sul fenomeno dello stalking, in particolare per tutti quei comportamenti fastidiosi che, pur non costituendo reato o costituendo reato procedibile a querela di parte (perché è chiaro che se è stata sporta querela o sono stati perpetrati reati procedibili d’ufficio siamo nella fase della rilevanza penale e non della prevenzione), sconvolgono la vita della vittima portandola all’esasperazione, facendola sentire indifesa ed in costante pericolo di vita, costringendola a vivere prigioniera di se stessa.

In questi casi la vittima potrà rivolgersi al Questore quale autorità di Pubblica Sicurezza con un esposto nel quale richiede l’adozione da parte del questore di un provvedimento formale di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta.

Con la ricezione di tale istanza, che deve essere compilata in maniera accurata e documentata per dimostrarne la fondatezza (per cui sarà necessario che la narrazione dei fatti sia scritta in maniera chiara e con una successione logica degli eventi, mettendo in risalto le eventuali relazioni coniugali, o affettive in genere, che siano intercorse con lo stalker; citare eventuali testimoni; documentare lo stato di ansia e paura con un certificato medico, con le lettere, gli sms, le e-mail ricevute), il Questore, se ritiene fondata l’istanza (anche eventualmente alla luce dell’esercizio dei poteri istruttori che la norma gli conferisce, tra i quali si segnala la facoltà di assumere informazioni delle persone informate sui fatti), procede ad ammonire oralmente il soggetto nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento invitandolo a tenere un comportamento conforme alla legge, valutando nei suoi confronti l’adozione di eventuali provvedimenti in materia di armi e munizioni.

Dell’ammonimento orale va redatto processo verbale, del quale copia deve essere rilasciata all’istante e all’ammonito.

Se il soggetto ammonito non desiste dal suo comportamento, continuando nella condotta di stalking, la procedibilità del reato di “atti persecutori” diventa d’ufficio, sottratta dunque alla determinazione della vittima che, come si sa, viene a volte “consigliata” se non obbligata dal suo stesso persecutore a non sporgere querela o a ritrattarla, e la pena prevista è aumentata perché l’essere stato ammonito e il non aver tenuto conto dell’ammonimento, se l’azione penale prosegue, tale inadempimento costituirà circostanza aggravante.

L’ammonimento è stato classificato tra le misure di prevenzione.

Lo strumento mutua, del resto, contenuti e finalità dell’avviso orale di cui all’art.4 L.1423/1956 alle persone pericolose per la sicurezza pubblica.

Alla vittima non viene richiesto di comunicare una notizia di reato, ma di esporre dei “fatti” per i quali ancora non è stata proposta querela per il reato di cui all’art.612-bis c.p. e ciò allo scopo di tutelare in via preventiva chi è stato oggetto di condotte di stalking, anche quando tali condotte non abbiano ancora raggiunto il livello di reiterazione ritenuto necessario per la sussistenza del delitto di atti persecutori.

In tal senso si esalta la natura eminentemente preventiva dello strumento creato dal legislatore e si spiega anche il suo profilo scarsamente invasivo della libertà dell’ammonito.

In definitiva con l’ammonimento il questore non invita il soggetto a desistere dall’ulteriore consumazione di un reato già perfetto, bensì lo avverte di come la reiterazione delle condotte denunciate dalla persona offesa possa sospingere il suo comportamento oltre la soglia della rilevanza penale.

Per curiosità Vi segnalo che tra i primi ammoniti c’è stata una donna che perseguitava la nuova compagna dell’ex marito prima per mezzo di molestie telefoniche, poi passando alle vie di fatto, con schiaffi, pugni e danni all’automobile

L’OBBLIGO DI CUSTODIA CAUTELARE

L’art.9 della L.38/09 ha significativamente ampliato la gamma dei reati per i quali scattano le misure di carcerazione preventiva.

Tale misura mi sembra rientrare nelle nuove forme di tutela preventiva se si considera che la carcerazione preventiva scatterà in modo automatico quando sussistano gravi indizi di colpevolezza,  nei confronti di chi sia imputato di reati di violenza sessuale e pedopornografia (proprio come già stabilito per i delitti connessi all’associazione a delinquere di stampo mafioso o per quelli commessi con finalità di terrorismo).

L’ARRESTO OBBLIGATORIO IN FLAGRANZA DI REATO

Nel tentativo di porre un argine all’escalation dei reati a sfondo sessuale l’art.2 della L.38/09 ha inserito all’art.380 del c.p.p. che disciplina le ipotesi in cui è obbligatorio procedere all’arresto in flagranza di reato, anche il delitto di violenza sessuale con la sola eccezione delle ipotesi di minor gravità, e violenza sessuale di gruppo.

IL DIVIETO DI AVVICINAMENTO AI LUOGHI FREQUENTATI DALLA PERSONA OFFESA

L’art.9 della legge di conversione del D.L. n.11/09 ha introdotto l’art.282-ter che introduce una nuova misura coercitiva nella prospettiva di repressione degli atti persecutori e non solo di essi.

Consiste nella prescrizione rivolta all’indiziato di non avvicinarsi a luoghi determinati che siano abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa (comma 1); oppure frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva (comma 2°);

nell’eventuale divieto all’indiziato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone anzidette (comma 3);

nella prescrizione di particolari modalità e limitazioni qualora la frequentazione dei luoghi sopra indicati sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative.

Come si può rilevare, si tratta di misura che ripercorre i contenuti dell’art.283 c.p.p. relativo al divieto e l’obbligo di dimora per l’imputato e dell’art.282-bis c.p.p. relativo all’allontanamento dalla casa familiare introdotto con la legge n.154 del 2001.

Voglio segnalare che l’adozione di tali misure coercitive deve essere comunicata all’autorità di P.S. al fine dell’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni, alla persona offesa e ai servizi sociali assistenziali del territorio a mente dell’art.282-quater, pure introdotto dal D.L.11/09.

Tutto ciò è finalizzato ad evitare che l’indiziato possa continuare gli abusi e le violenze o, peggio ancora, possa commettere azioni di vendetta nei confronti della stessa vittima.

Ricorderete che in passato era solitamente la vittima, specialmente se minore o incapace, ad essere allontanata dalla casa familiare. Ciò provocava in lei un ulteriore trauma e un notevole disagio psicologico e ambientale e si perpetuava, per disposizioni del giudice, una ulteriore grave ingiustizia.

Spesso accadeva che l’imputato intimoriva o molestava la vittima anche con vere e proprie aggressioni, recandosi nei luoghi di lavoro o, comunque abitualmente frequentati da questa.

GLI ORDINI CIVILI DI PROTEZIONE CONTRO GLI ABUSI IN FAMIGLIA.

L’art.10 della legge di conversione del D.L. n.11/09 ha inoltre modificato l’articolo 342-ter del codice civile, che disciplina il contenuto degli ordini di protezione contro gli abusi familiari e prevede che l’ordine di protezione non possa avere durata maggiore di un anno in luogo del termine di sei mesi prima previsto.

La novella legislativa è sintomatica dell’intenzione di rafforzare gli istituti già introdotti nell’ordinamento con la L.154/2001 per contrastare le violenze nelle relazioni familiari, oltre a prevedere nuove misure.

Come sapete, l’art.342-bis c.c. stabilisce che: quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più provvedimenti di cui all’art.342-ter e cioè:

ordina al coniuge o convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, e in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone e in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro;

dispone ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne, minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti;

dispone il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che per effetto di tali provvedimenti rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante;

Al comma 3 è previsto che con il medesimo decreto il giudice stabilisce la durata dell’ordine di protezione che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso.

Questa non può essere superiore a un anno e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrono gravi motivi per il tempo strettamente necessario.

Gli ordini di protezione possono essere richiesti anche nei confronti di altro componente del nucleo familiare (si pensi a figli violenti) e al giudice personalmente con ricorso al Tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’istante.

In ordine all’allontanamento in sede penale la giurisprudenza (da ultimo Cass.Sez.VI penale, sentenza 3 luglio 2008 n.28958) ha ritenuto che l’applicazione della misura dell’allontanamento dalla casa familiare ex art.282-bis del cpp, non presuppone necessariamente la convivenza tra le parti, ma può trovare ingresso anche quando l’indagato abbia già abbandonato il domicilio domestico per intervenuta separazione coniugale.

Con la sentenza della Sez.VI penale n.25607 del 2008, la Suprema Corte ha altresì ritenuto che il presupposto della misura cautelare in questione, non è la condizione di coabitazione attuale dei coniugi, ma l’esistenza di una situazione – che non deve necessariamente verificarsi all’interno della casa coniugale – per cui all’interno di una relazione familiare si manifestano condotte in grado di minacciare l’incolumità della persona. Ciò, d’altro canto, è in linea con quanto previsto per il reato di maltrattamenti, che si configura anche in assenza di un rapporto di convivenza, e cioè quando sia cessata, a seguito di separazione legale o di fatto, restando integri anche in questo caso i doveri di rispetto reciproco, di assistenza morale materiale e di solidarietà, che nascono dal rapporto coniugale o dal rapporto di filiazione.

Quanto agli ordini civili di protezione, questi hanno un contenuto analogo alla misura cautelare penale, ma non sono condizionati dalla sussistenza di un fatto penalmente rilevante. Il perno attorno al quale ruotano le concrete disposizioni prescritte dal giudice civile è la tutela della vittima dell’abuso.

E’ interessante ricordare come nell’originaria formulazione dell’art.342-bis non era consentito al giudice civile l’adozione degli ordini di protezione nel caso in cui il fatto costituisse reato perseguibile d’ufficio. Tale limite è venuto meno per effetto della legge 6 novembre 2003 n.304 di modo che al soggetto debole è offerta una doppia tutela, in sede penale e in sede civile.

La circostanza che sia stata promossa l’azione penale per una delle fattispecie criminose rispetto alle quali può essere disposta la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, non esclude, quindi, di per sé, che la vittima dell’abuso possa chiedere al giudice civile l’adozione di un ordine di protezione. Però, se nelle more del giudizio camerale è adottata la misura di cui all’art.282-bis del cpp, il giudice civile dinanzi al quale si è instaurata la procedura non potrà accogliere la domanda per sopravvenuta carenza di interesse della parte ricorrente.

Così come l’ordine di protezione potrà essere pronunciato anche quando pende giudizio di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, purchè non si sia ancora tenuta l’udienza presidenziale, quindi in ipotesi nella quale si presuppone la cessazione della convivenza dei coniugi.

La ratio della norma non è tanto quella di interrompere situazioni di convivenza turbata, quanto, piuttosto, quella di impedire il protrarsi di comportamenti violenti in ambito familiare, gravemente pregiudizievoli per l’integrità fisica o morale o per la libertà dell’altro coniuge o convivente.

Infine segnalo che il decreto motivato emesso dal Tribunale in sede di reclamo con cui si accolga o si rigetti l’istanza di concessione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare non è impugnabile per cassazione giacchè difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività.

In effetti, il decreto di concessione dell’ordine di protezione contro gli abusi familiari non ha dette caratteristiche:

-ha una durata temporanea che non può superare il limite massimo, oggi, di un anno, prorogabile solo per gravi motivi;

-perde efficacia qualora nel proc.di separazione personale dei coniugi, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio siano pronunciati i provvedimenti provvisori previsti rispettivamente dall’art.708 c.p.c. e dall’art.4 della L.898 del 1970;

-è volto a tutelare non interessi individuali ma l’interesse sociale alla tranquillità delle famiglie;

-l’istanza rigettata può essere riproposta.

L’ordine di protezione decorre a far data dell’avvenuta esecuzione dello stesso.

Se sorgono difficoltà circa le modalità di attuazione è lo stesso giudice che ha emesso il provvedimento a emanare provvedimenti opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.

Colui che non rispetta l’ordine di protezione è punito con la pena stabilita dall’art.388 co.1 cp per la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.

Quanto agli ordini di contenuto pecuniario, si potrà ricorrere alle forme di espropriazione forzata di cui agli artt.474 e seguenti c.p.c..

PATROCINIO A SPESE DELLO STATO PER LE VITTIME DI REATI A SFONDO SESSUALE

Allo scopo di facilitare la denuncia di reati a sfondo sessuale e di eliminare, a vantaggio della persona offesa, eventuali ostacoli all’esercizio del diritto di difesa da parte di chi non è in condizioni di affrontare le spese di giudizio, l’art.4 della Legge 38/09 amplia i margini previsti dal D.p.r. 115/2002 che consentono di accedere al gratuito patrocinio con oneri a carico dello Stato. In deroga al limite generale che subordina la concessione del beneficio ai contribuenti con un reddito Irpef imponibile su base annuale inferiore a 9.296,22 euro la norma estende infatti la possibilità di esercitare tale diritto e indipendentemente dalla capacità contributiva a chiunque sia stato vittima di reati di violenza sessuale anche di gruppo (art.609 bis e 609 octies del cp) o di abusi compiuti sui minori (art.609 quater).

Per cui la persona offesa dai suddetti reati può essere ammessa al patrocinio anche in deroga al presupposto generale della non abbienza.

Sicchè, con l’ammissione, saranno posti a carico dello Stato i compensi spettanti al difensore (scelto negli appositi elenchi), al consulente tecnico e all’investigatore privato.

Il beneficio è assicurato anche alla persona offesa straniera.

Sicuramente, la singolarità dell’ammissione al beneficio anche di un soggetto abbiente darà filo da torcere all’interprete chiamato di volta in volta a valutare la concedibilità.

GLI STRUMENTI DI CONTRASTO

Tra le disposizioni dirette al sostegno delle vittime di violenza sia per strada che tra le mura domestiche, vanno segnalati gli artt.11 e 12 del D.L. 11/2009.

L’art.11 arricchisce la tutela penale per il reato di atti persecutori prevedendo che Forze dell’Ordine, Presidi Sanitari e Istituzioni Pubbliche che ricevono dalla vittima notizia del suddetto reato forniscano alla stessa tutte le informazioni sui Centri Antiviolenza presenti sul territorio e in particolare nella zona di residenza della vittima cosicché questa potrà essere supportata psicologicamente, potrà ricevere le informazioni più opportune dal punto di vista legale e potrà anche essere agevolata dal punto di vista logistico, p.es. accolta in luoghi di prima accoglienza ove vi sia pericolo per la sua incolumità e dunque sia necessario allontanarsi dalla propria abitazione.

Analogamente, l’art.12 intende promuovere, anche in una prospettiva di prevenzione dei reati in questione, un servizio di assistenza psicologica e giuridica, stabilendo l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, di un numero verde per le vittime degli atti persecutori.

Con un pizzico di orgoglio concludo ricordando che noi del Centro antiviolenza TELEFONO AIUTO, attivo sin dal 2003, grazie alla instancabile collaborazione di sociologi, di psicologi, assistenti sociali e neuropsichiatri infantili dell’ASL, di avvocati e praticanti che prestano le loro professionalità per puro spirito volontaristico, siamo stati precursori di tali misure di sostegno dotando il territorio della Provincia di Agrigento del servizio ascolto TELEFONO AIUTO, di sportelli di accoglienza in 20 Comuni compreso il Comune di Lampedusa e Linosa, ricevendo in questi sei anni di attività oltre 3500 richieste di auto, risolvendo positivamente 270 casi, dando forza a tante donne per uscire dal disagio della violenza subita ad opera dei loro mariti, dei loro compagni.

Probabilmente è anche grazie alle piccole/grandi storie che siamo riusciti a fare uscire dal sommerso, che i grandi temi della lotta contro la violenza sulle donne e sui minori sono stati attenzionati dal nostro Legislatore, contribuendo a costruire una società migliore contro ogni forma di disagio, violenza e discriminazione.

                                               (Avv.Sabna Schifano)

amministratore Settembre - 16 - 2011

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